
Il litigio
Quando due bambini giocano ci colpisce la velocità con cui passano dall’andare d’accordo al litigare: un attimo prima li sentiamo ridere, inventare scenari e definire regole e un attimo dopo sentiamo grida, pianti, accuse e “Non gioco più!”.
Quando assistiamo a un litigio fra bambini, l’istinto ci porta spesso a intervenire in fretta per sedare gli animi, ristabilire la pace e, se lo riteniamo necessario, attribuire colpe ed eventuali punizioni.
In realtà, per quanto difficile, è opportuno aspettare un po’, perché il litigio è un’esperienza necessaria per i bambini
- per entrare in relazione
- per consentire loro di accordare l’egocentrismo proprio dell’infanzia al piacere di giocare con gli altri
Per poterci riuscire, però, devono fare anche questa esperienza e noi scopriremo presto che i bimbi sono molto bravi a regolarsi da soli – anche solo per ricominciare a giocare il prima possibile!
- Meglio quindi evitare di intervenire appena ci accorgiamo che è scoppiato un litigio, perché in questo modo trasmettiamo ai bambini l’idea che è sempre sbagliato litigare e che la soluzione al litigio è qualcosa di esterno a loro, qualcosa che arriva dall’alto e di cui non hanno responsabilità. Così non saranno mai spronati a cercare dentro di sé le svariate modalità per trovare un accordo e per superare il litigio e le sensazioni di rabbia o frustrazione ad esso legate.
- Proviamo allora ad aspettare un po’ e, se abbiamo paura che il litigio possa degenerare, avviciniamoci ai piccoli senza parlare: sapranno di essere osservati, ma non avranno una soluzione pronta all’uso e saranno spronati a cercarla.
- Se invece fossimo costretti a placare la discussione, ricordiamoci di chiedere: “Cosa è successo?” ed evitiamo la fatidica e naturale domanda: “Chi è stato?”.
Tra i due modi apparentemente simili c’è una notevole differenza soprattutto negli effetti.
Perché NO al “Chi è stato?”:
Si dà per scontato che ci sia una colpa da individuare e si elimina la corresponsabilità dei partecipanti alla lite. Insomma ci deve essere per forza un colpevole e un innocente! Ma per i bambini talvolta il litigio è l’unico modo per uscire da una situazione insoddisfacente e raggiungere un nuovo equilibrio. Anche solo per passare da un gioco noioso a uno più divertente.
Se c’è colpa, c’è punizione. Questo insegna ai bambini solo l’aspetto negativo del conflitto, senza mostrare loro vie di risoluzione interlocutorie e non sanzionatorie.
Chi piange o “fa la vittima” potrebbe non essere davvero l’unica vittima. Ricordiamoci che per i bambini è più facile agire che parlare, perciò è normale che si arrivi alle mani per esprimere rabbia, fastidio o dispiacere. Per esempio chi colpisce per primo può essere stato provocato per lungo tempo da derisioni o impedimenti a fare ciò che vuole… ed essere infine esasperato.
Perché SI’ al “Cosa è successo?”:
E’ una domanda che invita alla sospensione e alla riflessione, perché tutti sono costretti a fermarsi e a cercare un modo per spiegare cosa succede.
Dà la possibilità di dare la propria versione dell’accaduto di fronte a una terza persona – in teoria – sopra le parti. E questo insegna a verbalizzare ciò che si prova.
E’ una domanda che allenta la voglia di rivalsa e rasserena una situazione troppo tesa.
Tutti si sentono coinvolti allo stesso modo: rende chiaro che tormentare l’amichetto con continui dispetti o prepotenze è altrettanto sbagliato del tirare una sberla.
Se è necessario un intervento adulto, quindi, teniamo a mente alcuni punti fondamentali:
Placare una discussione o una lite che sta degenerando diventa un’occasione formativa se ai bambini è data l’opportunità di pensare a una soluzione. Viceversa se il nostro intervento definisce “vittime e colpevoli” e impone una soluzione, allora NON si responsabilizza nessuno e il litigio diviene un’esperienza sterile.
Proponiamo ai litiganti di chiarire la propria posizione a turno e di cercare una soluzione da soli. E aggiungiamo che se non ci riescono, possono tornare da noi per trovare un accordo con la nostra supervisione.
Se invece decidiamo che la situazione è inaccettabile, separiamo i bambini e diciamo loro che torneranno a giocare insieme quando vorranno farlo diversamente. Ancora una volta si sentiranno tutti coinvolti allo stesso modo e sperimenteranno che un comportamento scorretto ha delle conseguenze spiacevoli.
Evitiamo infine di dire ai bambini che non devono litigare e che devono essere amici di tutti. I piccoli hanno le loro simpatie e preferenze; non è sufficiente che l’altro sia un bambino perché lo si debba trovare per forza simpatico!
Attraverso i primi litigi i bambini si misurano con un mondo in cui scoprono che ci sono anche altri BAMBINI che hanno i loro stessi diritti, i loro stessi comportamenti e la loro stessa impulsività e all’inizio non sanno davvero come fare per andare d’accordo. Che litighino è sano e naturale! Osserviamoli con discrezione, lasciamo che trovino da soli una soluzione e interveniamo solo quando necessario. E facciamo attenzione a non attribuire significati eccessivi ai loro litigi, spesso legati al nostro modo adulto di vivere – male – le discussioni.
Dott.ssa Elisabetta Rossini
Dott.ssa Elena Urso