Oggi i papà sono molto coinvolti nell’accudimento e nell’educazione dei bambini. In particolare rispetto ai “papà di una volta” più concentrati sul lavoro esterno e, perciò, fisicamente meno presenti e spesso anche esclusi dal gruppo femminile che si occupava totalmente della cura dei piccoli.
Attraverso le parole di un papà di un bambino di due mesi e mezzo esploriamo i sentimenti, le rappresentazioni e l’esperienza di un uomo che diventa padre. Lasciamo la parola a lui, T.D.

Come hai vissuto la gravidanza di tua moglie?
In generale bene, anche se ripensandoci ci sono diverse sfaccettature, tante aspettative e tante emozioni. Quella più grande è stata la prima ecografia, che ha unito me e mia moglie tantissimo. Poi il momento che più ci siamo goduti sono state le vacanze, durante le quali è stato meraviglioso viversi il suo corpo, l’armonia delle sue rotondità. Ricordo l’emozione fortissima di sentire i calci e l’illusione di avere già una relazione col bimbo. Trascorrevo le sere con la mano sulla pancia di mia moglie e ogni sussulto era una gioia!

 

Quando hai iniziato a sentirti padre? Una donna subisce trasformazioni fisiche, ma un uomo?
T. si ferma qualche secondo e poi risponde: l’ho sentito come responsabilità. Ve lo spiego con un esempio. Dopo l’ultima visita ginecologica prima del parto, sulla statale ci hanno tamponato. Mi sono girato istintivamente verso la pancia di mia moglie. Ho avuto una reazione aggressiva verso chi ci ha tamponato. Ero padre, ne avevo la consapevolezza fisica e non solo emotiva. Poi una volta nato il bimbo, la comunità femminile si stringe intorno alla puerpera e io ho vissuto il sentimento di esclusione: anche questo è essere padre?

Quale rapporto hai col bambino? E quale rapporto ha tua moglie con lui? Differenze?
Ho avuto un rapporto molto intenso fin dalla nascita. Ho fatto quindici giorni di ferie e siamo stati tutti e tre molto vicini. Dopo tutto è un enorme cambiamento e volevo capirlo: ho provato ansie che non mi aspettavo. Per esempio, la preoccupazione per il ritardo dell’arrivo del latte. Non riuscivo a gestire il tempo dell’attesa e il pianto di mio figlio. Poi c’è stato un forte cambiamento. Ho ripreso il lavoro, ero fuori casa tutto il giorno, alla sera non riconoscevo più mio figlio, era diverso ogni sera. Era evidente l’esclusività e la naturalezza del rapporto tra mia moglie e il bambino e l’artificiosità del mio rapporto con lui. Allora mi dico “stai calmo: prendi quel che riesci a prendere e dai quel che riesci a dare”. Il bambino sente tutte le tensioni. Io sono importante, ma la mia importanza è relativa al fare. E’ già tanto, ma a volte non è abbastanza. Anch’io sono stanco, ma la mia stanchezza passa in secondo piano e per questo sono un po’ arrabbiato e mi sento distante da mia moglie. Anche la percezione del tempo è strana: a volte sembra fermarsi, altre volte scorre velocissimo. Le relazioni tra noi tre cambiano in continuazione. Ora capisco di più i bisogni del bambino e li soddisfo senza anticiparli.

 

Quali sono le discrepanze tra le tue aspettative e la realtà che vivi?
La realtà non c’entra niente con ciò che mi aspettavo! Addirittura ho dimenticato ciò che immaginavo. Sei lì, ce l’hai addosso sempre e ti trovi di fronte alla realtà del “qui e ora”, non c’è più il tempo dell’immaginazione, ma quello della realtà. Spero ancora in cose che il bambino non può fare, come dormire tutta la notte. E’ arrivato come un treno a 180 Km all’ora e ne sono contento!

Adesso che sei padre, cosa vorresti da tua moglie?
Mi manca l’intimità con mia moglie; a volte mi sento trascurato, anche se capisco che è molto stanca. E vorrei conservare degli spazi tutti per me per scaricare le tensioni.

Cosa ti piace della situazione attuale e cosa ti manca di prima?
Ho davanti a me la meraviglia della vita, che posso ammirare, anzi a volte lo contemplo come fosse un quadro. Vedere mia moglie con lui è emozionante! E’ bello prendersi cura di qualcuno ed è altrettanto bello imparare a farlo. Essere padre mi fa rivivere la mia infanzia e ripercorrere la mia storia. Come voglio educarlo?, mi continuo a chiedere. Per fortuna adesso cominciano a dipanarsi le ansie primarie e sono più tranquillo. Quello che mi manca è la spensieratezza: è come se mi si fosse aperta la coscienza, che è sempre vigile. Dormo senza sonno.

Cosa ti auguri per te?
Spero di conservare la flessibilità ai cambiamenti. Vorrei amare sempre mio figlio e non indulgere nelle punizioni perché non sono capace di amarlo. Vorrei trovare serenità e lucidità per non abusare della mia forza, ma per usare bene la mia posizione di adulto.
Sono trascorsi tre anni da quando abbiamo raccolto queste parole. Il piccolo e il papà, qui appena nati entrambi, sono cresciuti insieme. Noi vediamo questo papà ogni settimana, perché collaboriamo con lui, e vediamo come ha tenuto fede alle sue promesse e come ogni giorno affronta i suoi dubbi e le sue paure con coraggio e dedizione.

Dott.ssa Elisabetta Rossini

Dott.ssa Elena Urso